Eri là ad aspettarmi, seduta ansiosa sul letto sfatto
nella piccola stanzetta dello sconosciuto condominio. Un angoscia sempre più
irrequieta cominciò a pruderti sotto la pelle, ma non perché temevi che non
arrivassi, ma perché sapevi che sarei potuto tornare. Fissi la porta senza
battere ciglio o contare le ore che passano inosservate nella luce artificiale
della cameretta immersa nel gelo del più muto silenzio. Un rumore lontano,
qualcuno che sale la tromba delle scale, ti risveglia dal tuo torpore. I tuoi
occhi diventano subito acuti, il tuo fiato si accorcia rapidamente, il tuo
cuore batte allarmato, ed il tuo seno sobbalza sotto la camicetta strappata nel
nostro ultimo incontro ad ogni sensazione di rumore di serratura. L’orecchio si
tende sino ad assordarsi del tuo flusso sanguigno che ti pulsa nel cranio. Ma
nulla. Chiunque sia, sembra svanito e l’incertezza sul tuo destino cresce
ancora di più fino a dissolversi in un silenzioso pianto che riesci però a
controllare prima che una lacrima salata ti riga il fragile volto. Dagli
iniziali incontri furtivi, quasi romantici, hai solo ancora un distorto ricordo
come di un bel sogno finito di soprassalto. Ed ora, ogniqualvolta passo a
trovarti non sai mai se ti riserberò parole dolci o fatti amari, se ti amerò devotamente
o ti violenterò brutalmente. Sai solo che sei mia. Il mio caldo giocattolo
interattivo, senza voce ne anima. La valvola di sfogo per le mie più intime
passioni o le mie più fredde depravazioni.
Il tuo respiro si rilassa, seppur il tuo sangue continua
a pompare adrenalina nelle tue violacee vene sotto la candida pelle in questo
silenzio opprimente, creandoti formicolii in tutto il corpo. Ma sei troppo
straziata e stanca per massaggiarti gli arti o alzarti in piedi. Eppure non sei
spezzata; rimani seduta, immobile, a sfidare una porta chiusa che ti separa
dalla vita.
La Vita: un dolce ricordo di libertà. Anche se non eri
mai riuscita a gestire la tua vita all’ora, il mondo là fuori sembra ora senza
oppressione o limitazione. Ormai non c’è più nulla nel mondo che ti può
spaventare. Tu sei diventata più forte rinchiusa in questa stanzetta, ne sei
consapevole. Eppure non riesci a oltrepassare il muro delle tue convinzioni. La
disperazione di essere prigioniera di un maniaco, la consapevolezza di non
avere “armi” per difenderti e di essere quindi alla mercé della mia statura
dominante, la sensazione che una sola mia parola ti possa far cadere tutte le
difese e ributtarti nel baratro della inerzia. Là fuori sapresti cosa fare, adesso,
ma per giungervi devi affrontare il qui e ora, ma la paura ti paralizza la
mente. Ogni tua riflessione striscia lenta e tortuosa come se dovesse scalare
un monte sommerso nella gelatina. Solo la speranza di libertà, un pensiero
luccicante come una stella nella notte, riesce a tenerti combattiva e a
rincuorarti nei momenti peggiori. Non accetterai il tuo destino senza
combattere.
Una chiave s’infila nella serratura e gira fino al
secondo scatto. Entro nell’anticamera, sai che sono io, i famigliari rumori dei
miei passi sulla moquette il rumore delle persiane che si alzano, la luce che
comincia a filtrare sotto la tua porta ancora chiusa. Cominci a tremare, ma
sopprimi l’impulso di lasciarti andare al panico anche se l’angoscia sta per
avere il sopravvento. Non sai cosa succederà, non sai se vivrai o morirai.
Preghi solo che il tuo nefasto destino conti qualcosa nel aldilà e che i tuoi
peccati vengano lavati dal tuo sangue quotidianamente versato. La vita è
cruenta ed i cattivi vincono sempre, perché il male viene tramandato tramite il
dolore che inevitabilmente ci accompagna e ci tiranneggia per tutta la vita. Ma
bisogna resistere e combattere per quello in cui si crede, anche se morire in
una stanza sconosciuta e silenziosa non è peggio che aver sprecato la vita
senza conoscere la verità. E la verità è che … la porta si spalancò con un
botto facendo entrare la calda luce del Sole e la gelida ombra di una sagoma
senza volto.
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