mercoledì 21 novembre 2012

La stanzetta


Eri là ad aspettarmi, seduta ansiosa sul letto sfatto nella piccola stanzetta dello sconosciuto condominio. Un angoscia sempre più irrequieta cominciò a pruderti sotto la pelle, ma non perché temevi che non arrivassi, ma perché sapevi che sarei potuto tornare. Fissi la porta senza battere ciglio o contare le ore che passano inosservate nella luce artificiale della cameretta immersa nel gelo del più muto silenzio. Un rumore lontano, qualcuno che sale la tromba delle scale, ti risveglia dal tuo torpore. I tuoi occhi diventano subito acuti, il tuo fiato si accorcia rapidamente, il tuo cuore batte allarmato, ed il tuo seno sobbalza sotto la camicetta strappata nel nostro ultimo incontro ad ogni sensazione di rumore di serratura. L’orecchio si tende sino ad assordarsi del tuo flusso sanguigno che ti pulsa nel cranio. Ma nulla. Chiunque sia, sembra svanito e l’incertezza sul tuo destino cresce ancora di più fino a dissolversi in un silenzioso pianto che riesci però a controllare prima che una lacrima salata ti riga il fragile volto. Dagli iniziali incontri furtivi, quasi romantici, hai solo ancora un distorto ricordo come di un bel sogno finito di soprassalto. Ed ora, ogniqualvolta passo a trovarti non sai mai se ti riserberò parole dolci o fatti amari, se ti amerò devotamente o ti violenterò brutalmente. Sai solo che sei mia. Il mio caldo giocattolo interattivo, senza voce ne anima. La valvola di sfogo per le mie più intime passioni o le mie più fredde depravazioni.

Il tuo respiro si rilassa, seppur il tuo sangue continua a pompare adrenalina nelle tue violacee vene sotto la candida pelle in questo silenzio opprimente, creandoti formicolii in tutto il corpo. Ma sei troppo straziata e stanca per massaggiarti gli arti o alzarti in piedi. Eppure non sei spezzata; rimani seduta, immobile, a sfidare una porta chiusa che ti separa dalla vita.

La Vita: un dolce ricordo di libertà. Anche se non eri mai riuscita a gestire la tua vita all’ora, il mondo là fuori sembra ora senza oppressione o limitazione. Ormai non c’è più nulla nel mondo che ti può spaventare. Tu sei diventata più forte rinchiusa in questa stanzetta, ne sei consapevole. Eppure non riesci a oltrepassare il muro delle tue convinzioni. La disperazione di essere prigioniera di un maniaco, la consapevolezza di non avere “armi” per difenderti e di essere quindi alla mercé della mia statura dominante, la sensazione che una sola mia parola ti possa far cadere tutte le difese e ributtarti nel baratro della inerzia. Là fuori sapresti cosa fare, adesso, ma per giungervi devi affrontare il qui e ora, ma la paura ti paralizza la mente. Ogni tua riflessione striscia lenta e tortuosa come se dovesse scalare un monte sommerso nella gelatina. Solo la speranza di libertà, un pensiero luccicante come una stella nella notte, riesce a tenerti combattiva e a rincuorarti nei momenti peggiori. Non accetterai il tuo destino senza combattere.

Una chiave s’infila nella serratura e gira fino al secondo scatto. Entro nell’anticamera, sai che sono io, i famigliari rumori dei miei passi sulla moquette il rumore delle persiane che si alzano, la luce che comincia a filtrare sotto la tua porta ancora chiusa. Cominci a tremare, ma sopprimi l’impulso di lasciarti andare al panico anche se l’angoscia sta per avere il sopravvento. Non sai cosa succederà, non sai se vivrai o morirai. Preghi solo che il tuo nefasto destino conti qualcosa nel aldilà e che i tuoi peccati vengano lavati dal tuo sangue quotidianamente versato. La vita è cruenta ed i cattivi vincono sempre, perché il male viene tramandato tramite il dolore che inevitabilmente ci accompagna e ci tiranneggia per tutta la vita. Ma bisogna resistere e combattere per quello in cui si crede, anche se morire in una stanza sconosciuta e silenziosa non è peggio che aver sprecato la vita senza conoscere la verità. E la verità è che … la porta si spalancò con un botto facendo entrare la calda luce del Sole e la gelida ombra di una sagoma senza volto.

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